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La cosiddetta sinistra

Dopo la strage di Oslo tutti a criticare il giornalismo di Libero e il Giornale. Doveroso, sia chiaro. La cosa buffa è che alcune di queste menti raffinate propinano da anni una versione annacquata della stessa sbobba. Il conflitto di civiltà, il fallimento del multiculturalismo, le democrazie immature, le società impermeabili alla modernità “Occidentale”, l’Islam religione violenta. Insomma la visione fallaciana e occidentalista del mondo si addice, dicono loro, anche ad una sinistra progressista e moderna.

Ecco, alla critica della “estrema destra” aggiungerei quella ai “neocon di centro-sinistra”. C’è il giovane direttore che bacchetta i fogliacci di destra ma dimentica quello che, da anni, amici e foglianti dicono sull’Islam e sul Medio Oriente. C’è la consunta editorialista piddina che continua a scrivere di “frizioni culturali”, di Islam “non facilmente assorbibile”, dell’islamofobia come risultato del fallimento del multiculturalismo. Poi ci sono quelli che Chomsky non è progressista, quelli che la democrazia si costruisce con le bombe e chi protesta fa “schifo“; quelli che la Freedom Flotilla è una provocazione e Arrigoni se l’è cercata, perché ucciso da “chi odia l’Occidente”; quelli che il “razzismo contro l’Islam non esiste“.

Sono gli stessi argomenti finiti nel manifesto programmatico di un folle “cultural conservative” ad essere riproposti da una sinistra che scimmiotta la politica maschia delle destre europee, tutt’al più ripulendola dai toni apertamente xenofobi e identitari. È importante criticare chi cavalca l’islamofobia fino a rendersi ridicolo, ma bisogna fare altrettanto con chi indora la stessa pillola per mancanza d’idee migliori.

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