Schema di Gonzi

Alla fine Obama ha deciso di non mostrare le foto del cadavere di bin Laden. Nulla di cui stupirsi: una scelta coerente con il tono paternalistico del l’amministrazione americana e la tendenza a infantilizzare l’opinione pubblica internazionale che, a detta di molti, non avrebbe potuto sopportare la vista di immagini tanto “atroci”.

E come dar loro torto quando ci sono persone che non chiedono altro? “[N]on c’è motivo di pubblicare le foto di Bin Laden morto […] chi ci crede ci crede”, sentenzia un esponente dell’intelligentsia paracool di sinistra. “La vita delle persone […] è molto più importante che tentare […] di appagare delle persone malate della peggiore malattia: la malafede”, afferma con altrettanta sicumera un suo degno sodale.

Tuttavia, se da un lato è scoraggiante constatare questa resa all’epopea occidentalista di settori sempre più ampi della sinistra italiana -i giovani sono in buona compagnia, ascoltate Ezio Mauro a riguardo- bisogna anche riconoscere il merito di queste prese di posizione. Esse rivelano il punto cruciale di tutta la faccenda: con buona pace della ‘cultura’ razionalista ed empirista della ‘civiltà occidentale’, il folle è colui che dubita della narrazione hollywoodiana della realtà, mica chi ci crede.

La morte di bin Laden diventa un atto di fede, un dogma (neanche tanto) laico a cui bisogna aderire incondizionatamente pena la stigmatizzazione sociale. Non si può non credere alle parole del nostro premuroso ed autorevole pater familias globale il quale, indaffarato com’è ad assicurarci un futuro di prosperità e sicurezza, non può mentire né perdere tempo con gli scettici. Chi non lo fa è “malat[*] della peggiore malattia: la malafede”. Mai come in questi tempi da brivido tornano utili le parole del filosofo e storico inglese R.G. Collingwood: I can thank God for the reactionaries. They clarify the issue.